Guglielmo Ciardi   (Pagine 30 )      Fonte : Dedalo - Rivista d'Arte - Anno XI Volume IV - 1930-31

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\fs24 Guglielmo Ciardi nasce a Venezia il 13 settembre 1842. Suo padre, di nome Giu\'acseppe, lontano dal regno delle arti come po\'acteva esserlo un polesano di ceppo campa\'acgnolo passato a Venezia per servire nelle amministrazioni dell'I. R. Governo, a tutto pu\'f2 pensare meno che ad un figlio pittore; e cos\'ec, consenziente la giovane sposa, la ve\'acneziana Teresa De Bei, senza perdere tem\'acpo, impone al neonato occhiali e fedine di notaio. Sennonch\'e9, come Dio volle, lasciato il Collegio di Santa Caterina dopo avervi compiuti gli studi secondari, il ragazzo riesce \par a scongiurar la via di Padova per entrare al\'acl'Accademia di Venezia. Nel deciderlo a se\'acguire la sua vocazione doveva aver influito anche l'amicizia con certo Carlo Matscheg, abile decoratore e paesista a tempo perso, da cui aveva appreso, come per gioco, i pri\'acmissimi elementi di pittura. \par Nell'anno scolastico 1861-62 frequenta, all'Accademia, tin corso di \'abcopia di dise\'acgno dal rilievo con tappezzeria e fiori all'ac\'acgnarello colorato \'bb, nei due anni seguenti passa ai corsi di prospettiva tenuti dal Moja e quando, ai 14 di giugno del 1864, Dome \par nico Bresolin viene chiamato a Venezia per istituire e reggere una scuola di \'ab paesag- gio \'bb, il Ciardi vi si iscrive fra i primi. \par Gli annali dell'Accademia parlano di un allievo tra i pi\'f9 diligenti e gli registrano i premi pi\'f9 ambiti. Le sue copie dal Calarne, allora in gran voga, e quelle dalle stampe del Canaletto o di Marco Ricci sono sempre lodate, e non meno lo sono i primi studi dal vero fatti sotto la direzione del maestro che, con piccoli fondi ottenuti a fatica dal go- verno di Vienna, interrompeva, a suo modo, il paziente tratteggio a pennino della copia \par con qualche pi\'f9 libero insegnamento al- l'aperto. \par Non sar\'e0 allora privo di interesse un sag- gio di tali studi: Il Laghetto di San Floriano (pag. 927), ad esempio. Sebbene in questo paese, dipinto intorno al '65, come pure in Barene (1867), predomini un che di con- venzionale, non riuscir\'e0 difficile scoprirvi, insieme a pedanterie di scuola e a manieri- smi alla Matscheg, aspirazioni di libert\'e0 e di purezza; specie tra le nubi di quel cielo tem- pestoso e nelle vellutate luci delle montagne cadorine. E il Grappa d'inverno (1866) ne \par d\'e0 una delicata ed assai felice riprova. \par Ma \'e8 il 1868 che per il giovane Ciardi do\'acveva risultar decisivo. Infatti il 20 gennaio di quell'anno parte alla volta di Firenze; vi arriva il 22 e, con la nota lettera dello Zan\'acdomeneghi, si presenta a Telemaco Signorini che lo accompagna lo stesso giorno allo stu\'acdio del Fattori e lo introduce nell'ambiente del Caff\'e8 Michelangelo. Riparte nel febbraio per il sud, e, fra Roma, Napoli, Capri, Amal\'acfi ed altre soste meridionali, resta fuori di casa poco meno di un anno, in un viaggio che dovette sembrargli una esplorazione prodiga di scoperte; a lui specialmente che usciva da una scuola e da una citt\'e0 piuttosto chiuse ai nuovi movimenti pittorici ad onta delle buone intenzioni del professor Bresolin che, vagando fra Firenze e Roma, doveva averne avuto sentore. \par Tornato il Ciardi a Venezia porta quasi s\'f9bito la sua residenza ad Ospedaletto di Istrana, presso Treviso, in una casa campa\'acgnola di sua propriet\'e0; in tale periodo, pre\'accisamente nel 1874, si unisce in matrimonio con Linda Locatello, e nell'82 passa in una villa del vicino paese di Quinto. \par Non \'e8 detto che per questo il pittore ab\'acbandoni Venezia o comunque si isoli; egli fa egualmente non brevi soggiorni venezia\'acni, per lo pi\'f9 in autunno e in inverno, e, d'al\'actra parte, non rompe i suoi rapporti con gli artisti che aveva conosciuto specialmente nel '68. Viaggia dunque spesso in Italia; ri\'actorna a Firenze, a Napoli, a Capri; n\'e9 manca di visitare paesi ed esposizioni straniere: nel '78 va a Parigi, quasi ogni anno visita l'Espo\'acsizione Internazionale di Monaco di Baviera \par donde raggiunge spesso Berlino, e nel 1910 lo troviamo a Bruges e a Londra. Qui dipin\'acge, in cos\'ec tarda et\'e0, le eleganti impressioni della Galleria d'arte moderna di Venezia. \par Da11'85 in poi i calori dell'agosto lo spin\'acgono sulla via delle vicine montagne. Sale dapprima ad Agordo e vi dipinge Monte Da- ran, L'Agner e Cime di San Lucano; nell'86 \'e8 a Fiera di Primiero e sono di quest'anno Torrente in Val Primiero (pag. 946), le Vet\'acte di Feltre, il Pavion e il Sass Maor; nell'87, '88 e '89, va a San Martino di Castrozza dove il rosato paesaggio dolomitico gl'ispira il Cimon della Pala (pag. 949), la Rosetta, la Pala di San Martino e la Cima di Ball; nel '90 \'e8 ad Asiago e nel '91, in Carinzia, di\'acpinge 1Veissenfels e il Lago di Weissenfels, ora al Museo del Lussemburgo a Parigi. Le villeggiature del '92 e del '93 sono cadorine, quella del '94 si svolge in Val di Scalve, a Schilpario. Nel '95 a Recoaro il Ciardi resta inoperoso, convalescente di una grave malattia. Passati i mesi estivi del '96, '97, e '98 rispettivamente a Zoldo, Sappada e Alagna, dal '99 in poi, come tutti gli uomini di et\'e0, diventa abitudinario portandosi ogni anno a Canove, presso Asiago. \par Abbiamo insistito in queste indicazioni non a puro scopo biografico ma anche e so\'acprattutto perch\'e9, corrispondendo ad ogni permanenza montana qualche opera o grup\'acpo di paesaggi, tali indicazioni possono ri\'acsultare di qualche utilit\'e0 per l'esatta deter\'acminazione cronologica di opere non datate. \par Sebbene la figura di Guglielmo Ciardi, nel quadro ottocentesco, non abbia ancora preso quel risalto che merita, non si pu\'f2 certo \par parlare di pittore sconosciuto e negletto. \par Pur trascurando il periodo scolastico, nel quale si \'e8 visto come non gli mancassero i primi successi, si pu\'f2 dire che il riconosci\'acmento cominci coll'uscire da Venezia se, co\'acme crediamo, possa reputarsi tale un acqui\'acsto del principe Demidoff, di quel Demidoff intenditore finissimo e noto per l'esemplare galleria di moderni pittori italiani e stranieri da lui posseduta allora a Firenze, unica del genere in Italia e pur forse storica, qualun\'acque sia stata la discussa parte che ebbe nel movimento artistico del tempo. Inoltre nel '68 il Ciardi \'e8 gi\'e0 favorevolmente segnalato \par in una mostra napoletana e nel '69 \'e8 notato dalla pi\'f9 intelligente critica fiorentina alla mostra della Societ\'e0 di incoraggiamento. \par N\'e9 interessa andar oltre nella enumera\'aczione delle mostre, dei premi, delle signifi\'accative vendite e degli incarichi onorifici che riguardano il pittore. Baster\'e0 dire che egli \'e8 presente in quasi tutte le esposizioni italiane ed in molte straniere del suo tempo, e che opere sue possono trovarsi nelle pi\'f9 impor\'actanti collezioni pubbliche e private: dalla Galleria internazionale d'arte moderna di Venezia a quella di Roma, da Torino a Pa\'aclermo, da Trieste a Firenze, da Berlino a \par Glasgow, da Parigi a Napoli a Bologna. \par Morto il Bresolin nel 1890, la cattedra di \'abpaesaggio n all'Accademia di Venezia, che dal 1878 aveva cambiato il suo nome in quello pi\'f9 tornito di \'ab vedute di paese e (li mare \'bb, resta vacante per circa tre anni; trascorsi i quali vi sale Guglielmo Ciardi che prende cos\'ec il posto del maestro, tenendolo fino al 5 ottobre 1917, giorno della sua morte. \par Milleottocentosessantotto. Non occorrer\'e0 adoperare troppi discorsi per ripetere che intorno a quest'anno il movimento, diremo, antiaccademico era in Italia per gran parte maturo. N\'e9 ci sar\'e0 da darne dimostrazione in questa sede insistendo su argomenti as\'acsai risaputi, come quelli della Scapigliatura lombarda, della formazione fontanesiana, \par della scuola piemontese, del Caff\'e8 Miche\'aclangelo, degli apporti del Costa e delle scuo\'acle napoletane di Posillipo e di Resina. Ba\'acster\'e0 dire, ai modesti nostri fini, che la pit\'actura italiana, in gran parte, non era ormai pi\'f9 arretrata in rapporto a quel naturalismo che, partito dall'Inghilterra col Turner e con il Constable, era passato alla francese Scuola del '30. Infatti gi\'e0 alla prima esposizione italiana che si tiene in Firenze nel 1861 trovano il loro posto il Fattori, il Signorini, il Borrani, il Lega, il De Tivoli, il Costa, il Cabianca e il Fontanesi, che vi \'e8 onora\'actissimo. Ma da Venezia non scendono che gli Schiavoni, Antonio Zona, il Casa, Luigi Quarena o pittori consimili, cio\'e8 di fondo assai diverso. Vi scende anche l'Abbati, ma si fa pittore toscano. E l'anno seguente lo raggiunge Federico Zandomeneghi. Anche \par dopo la liberazione nulla viene a modificarsi in Laguna. Vi pontificano Pompeo Marino Molmenti e Michelangelo Grigoletti, e seb- bene, particolarmente in quest'ultimo, la ve- na del colorismo veneto spesso affiori felice, e il modesto Bresolin chieda ed ottenga \'ab li- cenze e sussidi per guidare gli allievi nelle regioni prealpine a dipingervi profili di montagne, alberi, zolle, nuvole, contadini, animali, l'ambiente resta piuttosto arretrato. Per questo, pi\'f9 sopra, a proposito del viag- gio del Ciardi, pu\'f2 parlarsi quasi di esplo- razione. \par Ugo Ojetti nel suo libro Ritratti d'Ar- tisti, occupandosi di Guglielmo Ciardi, cita la sullodata lettera che il 19 gennaio 1868 il pittore Zandomeneghi indirizz\'f2 a Telema- co Signorini. \'ab Nel latore di questa lettera ti presento il signor Ciardi Guglielmo pit- tore veneziano che intraprende un viaggio artistico istruttivo e desidera conoscere il buono e il meglio di Firenze. Non ho trovato chi pi\'f9 di te sia al caso di dirglielo in fatto d'arte. Non aggiungo altre parole in propo- sito di questo mio amico perch\'e9 si far\'e0 ri- conoscere ed apprezzare ben presto da s\'e9 stesso \'bb. Il Ciardi non poteva davvero essere meglio affidato specie per ci\'f2 che doveva pi\'f9 interessarlo ; egli infatti pu\'f2 dire allo stesso Ojetti di aver imparato pi\'f9 a Firenze, udendo parlare quei pittori, che a Venezia vedendo dipingere tutti i professori dell'Ac- cademia. \'abEssi mi insegnarono non la pra- tica meccanica dell'arte mia, ma il diritto ad essere indipendente, ad essere sincero, ad es- sere io. \'bb E non sar\'e0 inutile commentare \par queste frasi coi nomi di Giovanni Fattori, di Telemaco Signorini, di Giovanni Boldini, del D'Ancona, del Borrani, del Tedesco, del Cabianca, del Fontanesi. del Costa, ch\'e9 que- sti sono gli artisti da lui frequentati a Fi- renze, dove si merita anche l'amicizia di Diego Martelli. \par D'altra parte il giovane pittore non deve per molto desiderare la stima del Signorini se questi, il 28 gennaio, lo conduce con s\'e9 a Fiesole a lavorare all'aperto. Che sia stata proprio dipinta in quel giorno l'impressione Sulla via di Fiesole (pag. 929) gi\'e0 cos\'ec li- bera e nuova? \par Allorch\'e9 dunque Guglielmo Ciardi, in feb- braio, raggiunge la citt\'e0 pontificia e vi di- pinge i Dintorni di Roma (Tevere all'Acqua Acetosa) ha gi\'e0 capito benissimo tutto quan- to era avvenuto e avveniva a Firenze. I po- chi austeri toni di quella semplice e quanto mai poetica visione della grandiosa tristezza laziale rivelano un nuovo pittore, consape- vole e franco. \par E quando, poco dopo, a Napoli, consegna la lettera di presentazione del Molmenti a Domenico Morelli, di cui presto diventa ami- co, \'e8 nelle migliori condizioni per capire la pittura partenopea d'allora e specialmente per apprezzare tutto ci\'f2 che discendeva dalle scuole di Posillipo e di Resina. Si lega infatti d'amicizia con Federico Rossano e con Fi- lippo Palizzi da cui, per suo detto, appren- de molti espedienti tecnici. \par Anche laggi\'f9 il Ciardi non mette tempo in mezzo per cominciare a dipingere; tanto che nel marzo pu\'f2 esporre in una mostra na- poletana, e non senza successo, due qua- \par dretti oggi introvabili (Bosco di giovani querce e Le prime foglie). \par Che la permanenza nel sud rappresenti per il Ciardi uno sviluppo, senza incertezze e senza scarti. della nuova visione pittorica rivelatagli dal breve soggiorno fiorentino, \'e8 dimostrato dalle opere che oggi si possono vedere nelle nostre gallerie. Il Capri di Ro\'acma (pag. 930) e quelli di Venezia, esposti accanto ai paesaggi sorrentini e salernitani, ad A Licola (pag. 931), al Lago d'Averno, ai Bagni di Tiberio e alla Valle dei Mulini documentano le peregrinazioni meridionali del pittore, non meno del processo forma\'activo che si sta compiendo in lui. \par I Capri di Roma e di Venezia, sicure prese di possesso della limpida atmosfera meridio\'acnale, e netto, giustissimo scandire di luci e di ombre, parlano pi\'f9 specialmente di ri\'accordi cristiani, mentre Dintorni di Roma ci riporta piuttosto allo studio del Fattori. \par Ospedaletto; la formazione continua; per pi\'f9 anni l'opera del Ciardi resta collegata al memorabile viaggio del '68. Pur appar\'actenendo a tale periodo esemplari notevo\'aclissimi, talvolta definitivi e d'accento pi\'f9 personale, come l'incisivo e, diremmo, clas\'acsico Canale della Giudecca (1869) (pag. 932), spesso riappaiono i segni delle recenti amici\'aczie. E cos\'ec, insieme con questo Canale, che per la sua felice ideazione, giocata nel sa\'acpiente sfruttamento dei piani, e per la quali\'act\'e0 della pittura si inserisce nella tradizione di alcuni fra i pi\'f9 celebrati vedutisti lagu\'acnari, troviamo altri dipinti la cui materia grassa e pesante sollecita ricordi napoletani; troviamo Mattino di Maggio (1869) (pagi\'ac \par ne 933), che con le sue luci ed ombre risen\'actite suggerisce l'idea di un omaggio di grati\'actudine al Cabianca; ed anC\'f3ra la scorporata pittura della ineffabile Pastorale (1871), (pag. 935), che ci parla di esempi illustris\'acsimi d'oltralpe. E Pettinatrice (1872), Con\'actadino (1782), Buoi (1374) (pag. 939) sono palesi ricordi toscani in un pittore di schiet\'acta stoffa veneta. Se infatti la scelta del sog\'acgetto ed il ricorrere sovente della a macchia \'bb parlano di Firenze, l'effondersi di certe gam\'acme ora argentee ora dorate, e l'attenuarsi del disegnativo ci portano a Venezia e ci parlano della passione del Ciardi a per la propria regione dove un paesista \'e8 pi\'f9 istin\'activamente pronto a riflettere s\'e9 stesso e il proprio sentimento nell'opera sua \'bb. \par In tale clima restano ugualmente quegli esemplari di pittura pi\'f9 ferma discendenti, per intenderci, dal Canale della Giudecca e che ricorrono specialmente tra il'70 e 1'80, alternandosi con opere meno puntuali e meno calme. Ad esempio il Paesaggio del 1877 (pag. 943) e la Marina dipinta intorno al '79 (pag. 943). \par Qui particolarmente il Ciardi, in quegli abituali blocchi pittorici che sono le sue campagne e le sue lagune sotto gli ariosi cieli a pecorelle o sotto quelli percorsi da vaganti nuvole leggere, si compiace di definire in una materia, come di smalto prezioso, sassi ed erbe, onde e briccole; e si compiace an\'acche, talvolta, di toccare, con sicurezza, gusto e grazia guardesche, figure lontane o vicine; barcaioli curvi sul remo, pescatori intenti alla manovra della vela, giochi di ragazzi sul limitare della laguna. \par Nei primi anni di questo decennio le sol\'aclecitudini del pittore per la figura risultano pi\'f9 che di consueto spiccate e frequenti. Non si prescinde per\'f2 dal paesaggio; e se in alcuni quadri, che furono dipinti tra il '70 e il '75, la figura cessa dall'esservi subor\'acdinata e secondaria, mai vi prende per\'f2 il sopravvento. L'abbozzo Domenica rusticana (1870), con i capannelli di contadini in fe\'acsta sotto i grandi platani delle piane strade venete, potrebbe rappresentare come il pun\'acto di partenza di questo ciclo presto chiusosi senza giungere a maturazione completa, e \par sembra animato da una volont\'e0 di imparzia\'acle equilibrio tra i due elementi in gioco: pae\'acsaggio e figura. Assumono invece maggior ri\'acsalto gli affollamenti nelle varie edizioni e negli studi del Mercato di Badoere (1873-74) (pag. 937); ma qui pure la figura e la folla non vogliono diventare padrone assolute; con esse si dividono il campo i portici, i pa\'aclazzetti e la chiesa della piazza di Badoere. \par Che anche i soggetti di cui ora trattiamo siano avvicinati con la consueta coscienza \'e8 confermato dai disegni raccolti nella Gal\'acleria d'arte moderna di Venezia. \par Se a questo punto si andasse a riesaminare tutta l'opera che ci ha fino ad ora occupati, non sarebbe difficile scoprirvi germi, accenni ed anticipazioni di quella che doveva poi essere la definitiva personalit\'e0 artistica del pittore. E quando s'\'e8 detto che tale perso\'acnalit\'e0 noi la vediamo maturarsi appieno tra il bozzetto per la Campagna trevigiana (1882) ed il quadro che il Ciardi ne deriv\'f2 \par nell'84, ci accorgiamo di poter facilmente trovare anticipazioni, ad esempio, sin nel lontano Somarello del '69. Quanto ai germi non sar\'e0 difficile riconoscere i magnifici grigi dei casolari come gamme predilette dal pittore gi\'e0 nei Dintorni di Roma. nei paesaggi di Capri e nella Valle dei Mu\'aclini a Sorrento. Che poi essi diventino qui pi\'f9 preziosi e pi\'f9 vibranti, nell'atmosfera \par del vespero, \'e8 pi\'f9 che logico. Siamo dinanzi ad una memorabile opera della maturit\'e0 nel- la quale tutte le passate esperienze fruttifi- cano un esemplare nuovo e personalissimo. Chi avr\'e0 visto per una sola volta questo bozzetto non potr\'e0 dimenticare l'adergersi della cortina argentea delle case rustiche, che una frizzante aria autunnale definisce e costruisce tra il verde fresco degli alberi e sullo sfondo di una vasta pianura illumi- nata dal sole e variata dai chiari riflessi di limpide acque sorgive. Un acuto campanile veneto si profila lontano nel cielo leggero ed arioso, ancor pi\'f9 lontano. Quando il Bar- \par bantini parlando di questo quadro dice che \'ab \'e8 tutto di un pezzo; ogni tono ogni forma si espande nei toni e nelle forme attigue; tutto \'e8 visto e reso con sensualit\'e0, con calore, con immediatezza \'bb, parla in modo giustissi- mo e completo, e non c'\'e8 altro da aggiungere, se non raccomandare l'esatta valutazione del- la parola \'ab immediatezza \'bb; ma nel caso pre- sente non si potr\'e0 fraintendere se si pen- ser\'e0 alla documentabile elaborazione di que- sto dipinto, fondamentale per lo studio del \par Ciardi. \par Dal bozzetto per la Campagna trevigiana il Ciardi, nelr84, ricava dunque un quadro \par di maggiori dimensioni (pag. 944); anch'es\'acso bellissimo nella accentuazione dei rap\'acporti fra la vicina teoria delle case rusti\'acche e le Lontananze della pianura che si perde in uno di quelli \'ab sconfinamenti de' cieli \'bb rilevati cos\'ec giustamente da Emilio Cecchi. \par Ma all'anno precedente appartiene l'ope\'acra che suol considerarsi massima: Messi\'acdoro (pag. 944). Essa, come altre gi\'e0 esami\'acnate, \'e8 mia stupenda prova di giustezza e di ricchezza pittorica, di felice trapianto in al\'actro clima delle moderne teorie fiorentine. Quel lieve salire del campo, assolato e falcia\'acto per met\'e0 dai contadini ancora intenti, prende consistenza dal vicino giallo dorato del grano maturo e dalle pianeggianti distan\'acze chiarissime, valorizzate, a lor volta, dal\'ac \par l'orizzonte montuoso e dal cielo. E gli alberi poveri e radi, tutti intrisi di sole, e quelli pi\'f9 frondosi dei secondi piani, si costruiscono, ariosi e solidi ad un tempo, per il loro risol\'acversi in puri rapporti di toni. \par Assai noti sono i successi e gli onori che Messidoro raccolse. E chi voglia sapere la particolare storia di quest'opera legga il ca\'acpitolo sul Ciardi scritto da Ugo Ojetti. \par Non molti sono i quadri rintracciabili ap\'acpartenenti a questi anni, avendo il pittore lavorato specialmente per committenti in\'acglesi; tuttavia possiamo nominare: Mattino sul Sile (1884), Mulino (1884), Bonaccia (1885) che prese la via di Monaco e Barche in Canal della Giudecca ( bozzetto) (pa\'acgina 946). \par \'c8 specialmente dopo 1'85 che agli abituali \par soggetti di pianura e di laguna si aggiun\'acgono, numerosi, quelli di montagna; nel contempo si nota il procedere verso una fat\'actura pi\'f9 pennelleggiata che vedremo poi diventare anche troppo brava e spavalda. E non ci si accusi di alchimia critica se a que\'acsto punto ci sembra di scoprire relazioni con alcuni paesisti lombardi e piemontesi: Del\'acleani, Gignous, Carcano. L'esame di certi quadri di montagna a cui si fa particolare riferimento, da In Carinzia (1891) a In Zoldo (1896), e di certi sottoboschi Bosco d'abeti (1887), San Martino di Castrozza (1887, pag. 947), ne dar\'e0 dimostrazione. \par Ma in questo stesso periodo, quando il Ciardi scende al piano o alla laguna, par di vedere la sua maniera placarsi nei calmi \par specchi delle acque: Primavera in laguna \'e8 dell'86, Canal Grande della Galleria di Roma \'e8 dell'88, e l'altro della collezione Fas\'acsini deve ritenersi di poco anteriore (pa\'acgina 948). \par L'occasione ci porta a soffermarci su que\'acsti due ultimi dipinti, preparazioni per un grande quadro oggi introvabile, oltre che per notarvi, nella felicit\'e0 del taglio, nel rigore prospettico e nell'animazione del canale, un richiamo ai gi\'e0 notati vedutisti, anche per rilevarvi, specie nei piani secondi, l'evidente ricordo macchiaiolo. Ma soprattutto l'occa\'acsione \'e8 propizia per accennare, di volo, alla pittura locale contemporanea, ch\'e9 quelle fi\'acgure in movimento sulla Riva del Ferro, fra il Sottoportico Manin e il Ponte di Rialto, \par e tutto il primo piano ci fanno pensare che in quel tempo operavano a Venezia anche Giacomo Favretto, Luigi Nono e molti loro seguaci. E ci conducono a tale pensiero non soltanto coincidenze di soggetto. \par Dio ci guardi dal voler diminuire qual\'accuno, e specialmente il Favretto. gi\'e0 su di un piedestallo intangibile, ma \'e8 certo che fra i pittori strettamente veneziani (esclu\'acdiamo perci\'f2 lo Zandomeneghi e il Cabian\'acca), Guglielmo Ciardi \'e8 l'unico che porti in patria il soffio della nuova pittura come \'e8 l'unico che resista ai richiami del \'ab genere\'bb allora assai in voga sotto le insegne di san Marco, sia nelle forme pi\'f9 dichiarate e po\'acpolaresche, sia ravvolto fra veli letterari o romantici. \par Non si potrebbe invece dire, per certi infelici abbandoni nell'epoca pi\'f9 tarda, che egli resti insensibile ai successi di pittori stranieri alle Biennali, avvenimenti, allora, di importanza grandissima. N\'e9 il favore go\'acduto da alcuni Italiani, specialmente lom\'acbardi, deve mancare di influire sull'artista quando, intorno al '900, dipinge il Canale di Sant'Euf etnia, Sappada e Raggio di sole. In questi paesaggi il Ciardi, pur non esauren\'acdosi, come alcuni suoi colleghi, nella rigidit\'e0 della teoria, mostra una momentanea indul\'acgenza per quel divisionismo cui doveva poi quasi irridere. \'abLa miglior tecnica \'e8 quella pi\'f9 semplice, \emdash dice all'Ojetti, \emdash il divisio\'acnismo! Gli antichi! Ghe vol el soranumego \'bb. \par Ma non \'e8 facile racchiudere la tarda pit\'actura del Ciardi entro linee precise. Mentre \par essa talvolta risponde, come debole eco, a richiami di giovent\'f9, tal'altra accusa assai precisamente le accennate deviazioni. Vi in\'acterviene inoltre, e spesso, un'esteriore ri\'accerca poetica facile a rilevarsi in molti qua\'acdri come: Preludio d'autunno (1907), Pic\'accolo stagno (1909), Fiume tranquillo (1912); ed \'e8 inutile come questa ricerca, appunto perch\'e9 tale, condisca ad opere tutt'altro che schiette le quali non reggono menomamente al confronto con quelle della giovinezza e della maturit\'e0. Tra un umile e spontaneo sentimento della natura ed una sua volon\'actaria e letteraria interpretazione poetica, si sa bene da che parte possa alitare l'autentica poesia. \par Ne consegue che, per mettere Guglielmo Ciardi al suo giusto posto nel quadro della pittura italiana dell'800, bisogna coglierlo tra Dintorni di Roma (1868) e Campagna trevigiana (1884). Cos\'ec c\'f2lto, liberato cio\'e8 dall'opera meno felice ed in ispecial modo da quella pi\'f9 effettistica e sbrigativa, disce\'acsa da allettamenti commerciali, il pittore veneziano entra nella non esigua schiera dei piccoli maestri della seconda met\'e0 del se\'accolo XIX i quali, se non portarono la pittura del loro tempo alle altezze cui suole mirare l'arte italiana, la ricondussero in un lode\'acvole piano di intimit\'e0 e di schiettezza, de\'acmolendo con quei pochi palmi misurati dal\'acle loro tele i chilometri di dipinti storici che l'Accademia eredit\'f2 dall'ambizioso ver\'acbo neoclassico. \par \par }